i chiama in gergo scambiatore di calore quell’apparecchiatura in cui si realizza lo scambio di energia termica tra due fluidi aventi temperature diverse. Ma detto in parole semplici, si tratta del calorifero che abbiamo in casa o del radiatore che abbiamo nell’automobile. Oppure, in ambito industriale, sono le macchine utilizzate ad esempio per la sterilizzazione e la pastorizzazione.
Tuttavia, il fatto che su di esso si basi il funzionamento di questi aggeggi e congegni che caratterizzano la nostra quotidianità, non deve indurci a credere che si tratti di una conquista moderna, o comunque recente. Tant’è che il loro impiego può essere fatto risalire addirittura al Medioevo, perché erano scambiatori di calore a tutti gli effetti le serpentine utilizzate nella distillazione, o meglio, nella condensazione del distillato. Ma è solo verso gli anni trenta del XX secolo che si è progressivamente abbandonato l’utilizzo di superfici tubolari per passare a quelle piane (oggi note come scambiatori di calore a piastre e a spirale).
Ed è questa una delle possibili differenze tra gli scambiatori di calore, cioè la forma, in base alla quale si individuano scambiatori tubulari (che a loro volta possono essere a doppio tubo, uno interno e uno esterno, dove scorrono i fluidi; a trombone, costituiti da un tubo a forma di serpentina dentro il quale scorre il fluido che viene raffreddato attraverso dell’acqua fatta gocciolare dall’alto; scambiatore di calore a fascio tubiero e mantello, nei quali uno dei fluidi passa all’interno di tubi e l’altro all’esterno, in una camera appositamente realizzata); scambiatori a piatti (tra questi, scambiatore a piastre, a spirale, a blocchi); e scambiatori a superficie estesa (come lo scambiatore aerorefrigerante, in cui il fluido da raffreddare passa attraverso dei tubi raffreddati da ventilatori che raccolgono l’aria circostante e la direzionano sui tubi; lo scambiatore di calore a lamella, che è costituito da lamiere grecate saldate tra loro, che costituiscono la superficie di scambio termico; e altri).
La seconda distinzione può essere fatta in base alla modalità di contatto tra le due correnti, per cui si avranno scambiatori a contatto diretto (se le interfacce dei fluidi che scambiano calore sono direttamente a contatto tra loro, come nel caso degli scambiatori a miscela, che operano una semplice miscelazione dei fluidi tale da portarli alla stessa temperatura), a contatto indiretto (come nel caso degli scambiatori di calore a superficie, nei quali i due fluidi sono separati da una superficie che è attraversata dal flusso termico), o a irraggiamento diretto (come per i pannelli solari, nei quali il calore viene fornito sotto forma di energia radiante).
Ma le classificazioni non finiscono qui. Si possono differenziare gli scambiatori in base alla compattezza, cioè al rapporto tra l’area della superficie di scambio e il volume dello scambiatore di calore. O in base al tipo di processo che utilizzano per il funzionamento, e allora si parlerà di raffreddatore, riscaldatore, surriscaldatore, ribollitore, condensatore, etc.
Ovviamente, ogni tipologia ha la sua specificità e la selezione tra essi viene svolta tenendo conto di moltissimi fattori riguardanti il processo di scambio termico da svolgere, tra cui: la natura dei fluidi coinvolti (corrosività, tossicità e viscosità) e la loro tendenza a generare sporcamento; le condizioni operative (in particolare temperatura e pressione); la quantità di calore da scambiare; i costi associati alle apparecchiature (che dipendono oltre che dalla tipologia costruttiva di scambiatore, dal materiale utilizzato, dallo spessore delle superfici dello scambiatore, dai costi della manutenzione).
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