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BIOMASSE: tra pregi e difetti
Per biomassa si intende qualsiasi materiale organico che possa essere usato come fonte di energia (pertanto sono esclusi i combustibili fossili, come carbone, gas naturale e petrolio).
Esse possono essere suddivise a seconda della loro natura in:
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biomasse ricavate da piante destinate alla combustione (tipo la legna da ardere);
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residui delle attività agricole, forestali, dell’industria alimentare, etc.;
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rifiuti speciali a matrice biologica (mobili da dismettere, oli di frittura, etc.);
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frazione biogenica dei rifiuti solidi urbani (carta, legno, tessuti, etc.);
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rifiuti organici delle fognature e degli allevamenti zootecnici.
Le biomasse possono venire convertite in energia tramite:
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processi termici che consistono essenzialmente nel “bruciare”, in presenza o assenza di ossigeno, la biomassa per ottenere calore, che può essere usato in quanto tale o per alimentare una centrale termoelettrica e dunque produrre elettricità;
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processi chimici o biochimici che consentono di trasformare le biomasse in un combustibile che viene poi “bruciato” per ottenere energia.
Nella sua trasformazione da materia prima a energia, la biomassa subisce una serie di processi e trasformazioni cha vanno dal pre-trattamento ai processi di trasformazione alla conversione in energia termica e successivamente elettrica.
Abbastanza complessa è la questione degli effetti ambientali dell’utilizzo delle biomasse: quindi è bene precisare sin dall’inizio che esse non sono ad impatto zero. Ma vediamo più approfonditamente la questione, sottolineandone pregi e difetti. Il principale vantaggio è chebruciando un pezzo di legno si produce la stessa quantità di anidride carbonica che la pianta ha accumulato durante la sua vita (quindi si conclude in parità!). Tuttavia bisogna considerare anche i processi di semina (nel caso di colture dedicate), raccolta, trasporto e stoccaggio: questa considerazione indica la necessità di realizzare una “filiera corta”, per abbattere almeno questo tipo di impatti. Il secondo beneficio è di tipo locale: la creazione e lo sviluppo di aree agricole destinate a colture energetiche dedicate, al posto di terreni abbandonati e incolti, contribuiscono al controllo dell’erosione e alla riduzione del dissesto idrogeologico e offrono un’opportunità di sviluppo e crescita per i territori rurali. Il terzo aspetto positivo riguarda il beneficio occupazionale: le diverse fasi del ciclo produttivo creano infatti posti di lavoro.
Ultimo vantaggio è che l’utilizzo della biomassa come fonte rinnovabile può ridurre la dipendenza energetica dai produttori extraeuropei. A proposito però del primo vantaggio, e cioè la necessità di una “filiera corta”, questa pone inevitabilmente un problema: le significative emissioni di polveri e metalli pesanti necessiterebbero di un efficace sistema di abbattimento degli inquinanti, che però richiede un investimento economico assai rilevante (tant’è che, usualmente, esso è previsto per impianti di media-grossa taglia). E questo dà il via ad una serie disvantaggi. Innanzitutto il materiale organico ha un potere calorifero minore rispetto ai fossili perché contiene molta acqua e lascia molto scarto sotto forma di cenere e di gas, come ad esempio composti azotati e solfati che possono essere dannosi. In secondo luogo i terreni agricoli sono di per sé una quantità finita, e se ad esempio si destina un terreno alla coltivazione della colza per il biodiesel non si può contemporaneamente destinarlo alla coltivazione dei cereali per l’uomo.
In conclusione, rispetto all’impatto ambientale, potremmo dire che un impianto grande genera meno inquinamento, ma lo concentra in un unico punto, mentre diversi impianti distribuiti sul territorio generano più inquinamento in totale ma in concentrazioni più basse e quindi meno pericolose. Rispetto ai combustibili fossili il bilancio di CO2 è molto migliore, praticamente nullo, ma le emissioni di polveri, NOX e monossido di carbonio possono essere anche molto maggiori e devono quindi essere trattate nei camini prima di venire rilasciate in atmosfera.
In virtù di quanto detto, acquisisce sempre più importanza la produzione di legna ecologica e biomassa secca ottenute dallo sfruttamento razionale delle foreste (sostanze più “pulite”, che quindi creano minori residui ed esalazioni durante il processo di trasformazione). La biomassa secca e la legna ecologica per dirsi tali devono provenire: dall’abbattimento di piante già morte senza intaccare alberi vivi; da uno sfruttamento razionale delle foreste; da una lavorazione ecologica. Il tutto evitando trasporto via nave e via terra per migliaia di chilometri.
Perciò pensiamoci bene che strada intraprendere per che tipo di impiantistica intraprendere durante la nostra ristrutturazione casa.
Ancora una volta potremmo dire, come i latini, che “in medio stat virtus”, e che anche per il green è necessario soppesare tutti gli aspetti in un’ottica globale.
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